venerdì 4 ottobre 2013

Un vecchio racconto su di una vecchia storia

Oggi ho dovuto scavare in tutti i cassetti e le scatole presenti nella mia vecchia camera , per trovare alcuni libri da iniziare a portare con me su, a casa nuova. Tra le varie cose che appaiono magicamente in questi casi, nascosto tra centinaia di fumetti impolverati e qualche tessera di non ricordo nemmeno più cosa, c'era un quaderno a righe. Di quelli piccoli , che si compravano una volta quando si aveva voglia di scrivere e non era poi così diffusa l'abitudine di farlo con word, oppure in casa si aveva un solo computer e non si voleva lasciare un file così alla merce delle sorelle, che ci avrebbero sguazzato in certe letture .
Trattasi di alcune pagine in cui c'era una piccola parte di un racconto senza tante pretese, scritto intorno ai 19 anni , dopo aver vissuto un'esperienza comune quasi a tutti : Essere stato lasciato.
Cos'è quel sorrisino che mi sembra di veder apparire sul vostro viso?
Scagli la prima penna chi non ha mai scritto certe stupidate.
Soprattutto in un momento in cui non sai se sei innamorato di lei,dei suoi occhi verdi, dell'amore o della sua quinta.
O almeno, a rileggerle ora sembrano tali. Oltre che scritte dimmerda.
Non sò se butterò sto quaderno, probabilmente lo lascerò in mezzo a tutto il casino presente nei cassetti, almeno fino a quando verremo qui con la macchina e caricheremo sù tutto quello che ho letto nei miei primi 25 anni di vita e lo riporremo negli scaffali ancora semivuoti della nuova casa.

Voglio farvelo leggere , questo brano del racconto.
In fondo , nel mio piccolo (piccolissimo) ora voi siete i miei lettori. Certo , un po' (un bel po') di meno rispetto a quelli che potevano essere sogni adolescenziali, però va benissimo così.
Non aspettatevi nulla di che, è una specie di coso di Moccia con elementi un po' horror, ma niente di particolarmente originale.



Salii le scale verso la sala superiore.
Niente di speciale , era una stanza come le altre , però con al centro un tavolo da biliardo.Un paio di panche adiacenti alle pareti, e nulla più.
Anzi, qualcosa si: C'era un silenzio di quelli che fanno paura.
Facendo anche solo qualche passo indietro, dalle scale arrivava il vocìo proveniente dal piano di sotto, in cui gli amici discutevano per un turno non rispettato (a chissà quale gioco ndr)
Invece qui era tutto fermo, immobile. (stavo cercando il bagno?Perchè ero finito lì?)
Non riuscii a resistere alla tentazione di rimanere qualche minuto lì. Accarezzai il tavolo verde e mi appoggiai ad esso. Iniziai e pensare a tutte le persone che dovevano averci giocato , a quelle che avevano assistito alle sfide stando seduti sulle panche. Non sò dirvi per quale motivo, ma ero convinto che la somma di entrambi gli addendi fosse zero.
Quella sala sembrava vuota da sempre.
Sembrava che quel posto fosse stato costruito apposta per ospitarmi in questo momento, e che una volta che ne fosse uscito sarebbe arrivata una squadra di operai a smontare tutto.
La vista di un mozzicone a terra smentì clamorosamente questo assurdo pensiero.
Ad un tratto mi sentii osservato. Sentivo distintamente il respiro di un'altra persona.
Credevo che fosse uno dei miei amici che fosse venuto ad accertassi che non fossi caduto nella tazza, ma invece mi sbagliavo. Era Lei.
Stava salendo le scale.
Come ogni volta che il mondo ci lasciava un po' in pace e riuscivamo a rimanere da soli, mi sentivo sconquassato. Non sapevo nemmeno se essere felice , incazzato, malinconico o sereno.
Lei intanto non parlava. Si diresse verso la parete dove erano riposte in verticale le aste e , dopo averle osservate un po' , ne prese una , avvicinandosi a me continuando a non rompere il silenzio del luogo. La impugnò , puntandola verso la mia tempia , come un battitore di una squadra di baseball che aspetta solo che parta il lancio , e la caricò come se dovesse prepararsi ad un fuoricampo.
Fece prendere una rincorsa decisa a quella che sembrava essere diventata un'arma e la diresse decisa verso la nuca di quell'essere con lo sguardo da ebete che la stava fissando.
La fermò giusto un paio di centimetri prima di procurarmi una commozione celebrale , mentre i miei occhi restavano fissi sul verde. No, non quello del tavolo.
Finalmente le sorrisi. Lei replicò.
"Che ci fai qui, tutto solo?E .. sempre con quell'aria triste. Ma a che pensi?"
Conosceva benissimo la risposta , ma pose lo stesso la domanda.
Non risposi. Non sapevo cosa dire. Qualunque sequenza di parole avessi accostato per creare una frase sarebbe stato sbagliato, ridicolo, inopportuno.
Lei abbassò un po' lo sguardo, e si limitò ad un
"Già...già.
facciamo una partita, ti va?"

"una partita...io non è che sò giocare molto bene...non sò nemmeno le regole..."
Avevo sempre preferito i videogiochi , o al massimo i flipper.
"Ma che regole vuoi che ci siano? devi solo mettere più palle in buca di me.
Anzi, facciamo così, va. Nuova regola: Ogni volta che uno di noi mette una palla in buca ha il diritto di rinfacciare una cosa all'altro. Che dici?"

Non avevo capito bene e non ero sicuro di voler accettare. Ma per troppo tempo non avevo avuto la possibilità di parlarne, di dirle qualunque cosa. Era sparita. Improvvisamente avevo la possibilità di liberarmi di qualcosa, perchè non approfittarne?
Ero completamente negato per il biliardo , ma in fondo si trattava di giocare contro una donna.
O contro il ricordo di essa.
Non poteva essere così difficile.

Naturalmente fu lei a spaccare il triangolo di palle, posto al centro del tavolo verde.. Un colpo forte, dato probabilmente senza cognizione, che però ottenne l'effetto di far schizzare le palle in tutte le direzioni. Era inevitabile che almeno una di esse entrasse,ed infattì toccò alla 12. Rigata.
Quindi Dovevo buttare quelle che erano a tinta unita. Scusate la terminologia non proprio ortodossa, ma gli unici tavoli con cui ho familiarità son quelli di cucine e pizzerie.
Andai anche io a prendere un'asta , scegliendone una a caso. Non credo cambi tanto, mica son mazze da golf. Mancava solo la polverina blu, quella che si strofina sulla punta , ma vabbè.

"aspetta, hai già dimenticato le regole?"
mi fece notare , fermandomi prima che prendessi la mira.

"A parte il fatto che tocca ancora a me, ma non dovresti aspettare che io ti dica qualcosina?"

Le proposi di far valere la regola nuova solo dal secondo tiro in poi. Del resto non era scritto da nessuna parte che avrebbe dovuto iniziare lei la partita.

"Ok, ok, tanto ora ne metto dentro un'altra."

C'era una palla , a strisce bianche e gialle, che sarebbe potuta entrare facilmente in una delle buche centrali. Era proprio tra essa e la pallina bianca. Un colpo relativamente semplice.
Lei mi guardò un po' minacciosa, prese la mira e colpì.
La palla , ovviamente entrò. Sperai che avesse colpito troppo forte e che la bianca la seguisse a fondo.
Per quel che ne so , così il tiro si annulla o non vale.
Ed invece la bianca rimase in equilibrio, pochi millimetri prima di scendere.

Staccai gli occhi dal tavolo, pronto a ricevere il primo affondo.






Ci sarebbero altre due pagine, ma la finisco qui, prima che i dialoghi diventino ancora più stucchevoli o patetici. In fondo potete immaginare tranquillamente come finirà la partita.
Le altre perle della mia produzione letteraria, destinata piu' che altro agli amici piu' stretti, non son riuscito a trovarle. Erano due o tre racconti brevi, in cui piu' o meno si parlava sempre di fantasmi della mente o roba del genere.
Per fortuna che allora non avevo gia' un blog , altrimenti chissà cosa diavolo avrei potuto scriverci
:)

4 commenti:

  1. Ammetto che trovare piccoli quaderni con piccole storie passate, che però riconosciamo ancora come nostre, è una gran bella soddisfazione...

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  2. ènnnooooooo!!!!! io voglio il seguito. ho capito come va a finire ma i dialoghi stucchevoli secondo me sono belli. CORAGGIO!!!!!!!!!!!!!!!!!

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  3. Pata la soddisfazione è pure quella di esser cresciuto... ora quel quaderno devo solo decidere come eliminarlo ;P
    Kermit... sarebbe troppo forte la tentazione di rimetterci mano e riadattarlo, boh...l originale è davvero peggio di un Moccia.
    ci penso un po'.

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